La piccola Pompei riemersa dal buio dei secoli nel cuore storico di Rimini invita il pubblico a scoprire la sua storia, i suoi mosaici e l’eccezionale corredo chirurgico-farmaceutico
A partire dal 7 dicembre 2007 è aperta al pubblico la Domus del chirurgo, una piccola Pompei riemersa dal buio dei secoli nel cuore storico di Rimini.
Alla fine degli anni '80, in occasione di lavori di arredo urbano della centrale piazza Ferrari, è stato scoperto un sito archeologico di straordinaria importanza, con testimonianze dall'età romana al Medioevo. Nell'area, a ridosso delle mura di Ariminum, non lontano dall'antico porto, sorgeva la "domus del chirurgo", cosiddetta dalla professione dell'ultimo proprietario, un medico di cultura greca. Distrutta per un incendio intorno alla metà del III secolo, la domus ha rivelato, fra le macerie del crollo, strutture, mosaici, intonaci, arredi e suppellettili che offrono una "fotografia" eccezionale della vita nella Rimini antica. Proprio in questo ambiente è stato scoperto un eccezionale corredo chirurgico-farmaceutico, il più ricco al mondo giunto dall'antichità.
Dalla fine del 2007, terminati i lavori di posizionamento di una copertura in vetro e acciaio sulla Domus romana al fine di salvaguardarne la conservazione e permetterne la visita, questa eccezionale scoperta è stata quindi aperta al pubblico. La visita dell'area di scavo si integra con quella della Sezione Archeologica nel vicino Museo della Città (via Tonini 1), ove l'esposizione dei materiali, preceduta da una ricostruzione della taberna medica, documenta momenti della vita professionale e privata.
La Domus è visitabile negli orari d'apertura del Museo con un unico biglietto d'ingresso cumulativo. Il complesso archeologico (Piazza Ferrari) e il Museo della Città (via Tonini 1) osservano il seguente orario di apertura:
ORARIO INVERNALE dal 1° settembre al 31 maggio
da martedì a domenica 10-13 e 16-19
chiuso lunedì non festivi
ORARIO ESTIVO dal 1° giugno al 31 agosto
da martedì a domenica ore 10-13 e 16-19
chiuso lunedì non festivi
a luglio e agosto anche apertura serale mercoledì e venerdì ore 21-23
INGRESSO
Intero € 7; gratuito il mercoledì e ogni prima domenica del mese
Ridotto € 5 (ragazzi fino a 14 anni, adulti oltre 65 anni e gruppi di almeno 12 persone) e € 3 per gruppi di adulti in visita guidata (guida museale o guide turistiche abilitate territorio nazionale)
Gruppi scolastici € 2
Visite guidate per gruppi (min. 25 persone) € 30 per gruppo in aggiunta al biglietto di ingresso
La domenica vengono proposte visite guidate alla Domus del Chirurgo alle ore 17.00. E' richiesta la prenotazione
In estate si prevedono anche visite serali, mentre visite speciali sono in programma in occasione delle festività natalizie e pasquali.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 0541.793851; fax 0541.704410; e-mail: musei@comune.rimini.it
Ogni mercoledì i musei di Rimini sono ad ingresso gratuito per i residenti e a prezzo ridotto per tutti. Le nuove tariffe prevedono inoltre la possibilità per tutti, residenti e non, di visitare gratuitamente i Musei di Rimini nel giorno del proprio compleanno, regalandosi un percorso nella storia e nell'arte della città.
Il complesso archeologico di piazza Ferrari
Il complesso archeologico di piazza Ferrari è stato individuato nel 1989, durante i lavori di sistemazione dei giardini pubblici. Al rinvenimento fortuito di alcuni ruderi di età romana hanno fatto seguito, fino al 2006, sistematiche esplorazioni scientifiche: sondaggi e scavi stratigrafici che hanno permesso di scoprire un'area estesa su una superficie di oltre 700 mq.
I resti più significativi corrispondono a parte di un isolato residenziale situato al margine settentrionale dell'antica Ariminum, di fronte al litorale adriatico che all'epoca era arretrato di oltre un chilometro rispetto all'attuale. Ai lati correvano due strade disposte ad angolo retto - un cardine ed un decumano - all'interno delle quali si erano succedute una casa di età imperiale, che comprendeva anche il settore oggi noto come domus del Chirurgo, e quindi un edificio sviluppatosi nella tarda antichità.
Oltre a questi impianti architettonici lo scavo ha riportato in luce altri elementi di interesse: tracce di pavimenti in cocciopesto attribuibili ad una prima abitazione tardorepubblicana, livelli insediativi risalenti all'alto medievo, svariate strutture databili tra il Cinquecento ed il Settecento, tra cui alcuni pozzi in muratura e silos per granaglie un tempo appartenuti ai vicini complessi religiosi di San Patrignano e delle Convertite. L'insieme dei resti, conservato e musealizzato sul posto così come è stato scoperto dagli archeologi, offre dunque l'immagine di un'eccezionale stratificazione storica ed urbanistica che testimonia duemila anni di vita della città.
La domus 'del Chirurgo'
Nel settore settentrionale dell'area di scavo si conservano i resti della cosiddetta domus del Chirurgo, costruita nella seconda metà del II secolo d.C. ristrutturando la parte posteriore a peristilio di un edificio precedente e ricavandovi un'abitazione a due piani.
Il piccolo ingresso, affacciato sul vicino cardine, immetteva in un disimpegno e quindi in un corridoio interno; su un lato di questo si apriva uno spazio a giardino, mentre sull'altro erano situati diversi ambienti delimitati da muri in argilla poggianti su zoccoli in muratura.
I vani residenziali, decorati da affreschi policromi e da pavimenti musivi a motivi geometrici e figurati, comprendevano una sala da pranzo (triclinium), una camera da letto (cubiculum) e due stanze di soggiorno, la prima delle quali dotata di un pregevole mosaico con Orfeo tra gli animali; in posizione più defilata erano alcuni vani di servizio: un ambiente riscaldato (ipocausto), una latrina e, al piano superiore, la cucina e una dispensa.
L'intero edificio fu distrutto da un incendio poco dopo la metà del III secolo, probabilmente in occasione di una scorreria germanica avvenuta ai tempi dell'imperatore Gallieno. A tale evento si deve collegare anche la costruzione della nuova cinta muraria della città, della quale è ancora visibile un breve tratto sul retro della casa.
L'improvviso crollo degli alzati ha permesso la conservazione degli arredi e delle suppellettili domestiche, rinvenute tra le macerie sui pavimenti della casa. Tra i tanti materiali risalta soprattutto una ricca attrezzatura chirurgica e farmacologica, che testimonia la professione medica esercitata dall'ultimo proprietario della domus.
I reperti della domus
Ai resti della domus del Chirurgo conservati nell'area archeologica si accompagnano i reperti di scavo esposti all'interno del Museo Archeologico di Rimini.
La qualità delle originarie decorazioni architettoniche è così testimoniata da una selezione di affreschi policromi recuperati tra le macerie, che comprendono parti di soffitti a cassettoni e di pareti a campiture con motivi floreali o animali, tra cui si distingue una impressionistica veduta con scena di porto. Come elemento di arredo domestico risalta il raffinato quadretto in pasta vitrea di produzione orientale, originariamente collocato nel triclinium della casa, che riproduce un fondale marino con tre pesci dai vivaci colori; dal giardino provengono un grande bacile marmoreo ed il piede di una statua di Ermarco, filosofo epicureo che testimonia l'inclinazione intellettuale del proprietario della casa. Numerosi sono poi gli oggetti mobili: oltre a vasellame da cucina e da mensa e ad alcune lucerne vi compare una straordinaria dotazione medica composta da più di centocinquanta strumenti chirurgici, da mortai, bilance e contenitori per la preparazione e la conservazione di farmaci e da un vaso termico conformato a piede per applicazioni curative.
In base ai dati di scavo è stato possibile ricostruire fedelmente, a grandezza naturale, l'originario luogo di cura: una taverna medica domestica, composta dalla stanza con mosaico di Orfeo e dal vicino cubiculum, nella quale il chirurgo riminese visitava, operava ed ospitava i propri pazienti.
Al momento dell'abbandono della casa riportano infine il gruzzolo di un'ottantina di monete per le spese quotidiane, che fissa l'evento entro il 260 d.C., e le punte di lancia e giavellotto abbandonate sui pavimenti durante i rovinosi scontri che dovettero provocare la distruzione della domus
Il Chirurgo
Lo strumentario rinvenuto nell'abitazione di piazza Ferrari non lascia dubbi sulla professione del personaggio che vi abitava verso la metà del III secolo: un medico di grande esperienza ed abilità che, come spesso avveniva, doveva essersi formato in ambienti culturali ellenici ed essere giunto in Italia, e più precisamente ad Ariminum, dall'Oriente.
L'origine levantina del personaggio, suggerita anche dall'adesione agli ideali epicurei, è chiaramente comprovata sia dalle scritte in greco che egli incise su due vasetti per la conservazione di erbe medicinali rinvenuti nella taberna medica, sia dal suo stesso nome, con ogni probabilità Eutyches, quale fu graffito sul muro da un paziente ospitato nel letto del cubiculum.
La particolarità dell'attrezzatura chirurgica recuperata nella domus, priva di strumenti ginecologici, in larga parte destinata ad interventi su traumi ossei e dotata di un rarissimo ferro utilizzato unicamente per estrarre le punte di freccia dalle carni, sembra indicare un'esperienza professionale maturata nell'esercito, forse in uno di quei valetudinaria militari dislocati lungo i confini dell'impero che rappresentavano le sole strutture sanitarie del mondo romano assimilabili ai moderni ospedali.
A possibili trascorsi nell'esercito riconduce anche la mano votiva bronzea recuperata nella taberna medica, segno di devozione verso Giove Dolicheno, divinità appunto venerata soprattutto tra i soldati. In proposito vale la pena di ricordare anche il cippo votivo scoperto in passato presso il foro, dove si ergeva un sacello allo stesso Dolicheno. La lapide, coeva alla domus del Chirurgo, ricorda infatti come dedicante un T. Flavius Galata Eutyches, personaggio di origine orientale che potrebbe corrispondere proprio al medicus di piazza Ferrari.
Il palazzo tardoantico
Alla distruzione della domus del Chirurgo e all'immediata erezione delle nuove mura della città, che quasi la lambirono, fece seguito il completo abbandono dell'area. Tale situazione, che rifletteva il particolare momento di crisi della città e dello stesso impero romano, mutò solo verso gli inizi del V secolo, in concomitanza con importanti mutamenti storici.
Il trasferimento della sede imperiale a Ravenna, attuato da Onorio nel 402, comportò infatti la parziale rivitalizzazione delle città romagnole, in cui comparvero nuove residenze di lusso abitate da alti ufficiali e funzionari di corte. A questo periodo risalgono appunto i resti conservati nel settore meridionale dello scavo, riferibili ad un'abitazione di tipo palaziale che rioccupò la parte anteriore del vecchio isolato, di fronte al decumano.
L'edificio, scoperto solo in parte, presentava un ampio cortile decorato da una fontana a ninfeo con canali; attorno a questo si disponeva un articolato complesso, ristrutturato e ampliato tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, sotto il regno dei Goti.
I ruderi dell'impianto mostrano diversi ambienti, talora dotati di sistema di riscaldamento, collegati da un corridoio angolare; le stanze, con murature laterizie, sono pavimentate da mosaici policromi a complessa decorazione geometrica.
La prestigiosa natura dell'abitazione tardoantica e l'alto rango del personaggio che vi risiedette sono tra l'altro testimoniate dal vano cruciforme con ipocausto e dalla vasta aula absidata che la fiancheggiava, certamente utilizzata dal dominus come sala di rappresentanza e ricevimento.
Le strutture altomedievali
Nel corso del VI secolo, ai tempi della guerra tra Goti e Bizantini, il palazzo tardoantico iniziò a mostrare segni di degrado, per poi essere distrutto, demolito e completamente interrato. In seguito l'area accolse un piccolo cimitero, forse collegato ad un edificio religioso sorto nelle vicinanze, secondo la pratica cristiana che ormai permetteva di seppellire anche dentro la città.
Come testimoniano alcune tombe ancora conservate all'interno dello scavo, gli inumati erano deposti in semplici fosse, talora protette da coperture in tegole, che spesso giunsero ad intaccare i sottostanti pavimenti a mosaico.
Il sepolcreto fu utilizzato fino al pieno VII secolo, dopo di che l'area fu occupata da nuove strutture abitative. Come d'abitudine per il periodo altomedievale, la casa riportata in luce era circondata da spazi aperti, forse coltivati ad orto, ed era edificata con materiali deperibili: gli alzati, sorretti da leggere fondazioni in frammenti laterizi, utilizzavano pali di legno e murature in argilla, mentre i pavimenti erano costituiti da terra battuta.
Nel settore sudoccidentale dello scavo archeologico sono tuttora visibili alcune di queste strutture; sui livelli di calpestio, accanto a varie buche di palo, tra l'altro si conserva un grande focolare con piano di combustione in frammenti di mattoni romani di reimpiego.
Alcuni modesti rifacimenti documentano la sopravvivenza degli impianti abitativi fino all'VIII secolo. In seguito l'area restò inedificata, venendo ricoperta da strati di terreno colturale che solo in età tardomedievale accolsero nuove costruzioni.