Sulle tracce del sacro: uomini e dei in Romagna prima dei romani, è il titolo della conversazione affidata a Monica Miari, funzionario archeologo per la Soprintendenza ai Beni Archeologici dellEmilia Romagna, dal 2002 direttore dellarea archeologica di Veleia e in Romagna, con competenze in ambito pre e protostorico; fra I diversi suoi contributi sulla protostoria della regione si segnala il volume Stipi votive dellEtruria padana per i tipi di Giorgio Bretschneider, Roma 2000.
Acque e sorgenti, grotte e piccoli sacelli, aree sacre e stipi domestiche: la molteplicità di testimonianze votive delineano in epoca preromana un "paesaggio del culto" che affonda le sue radici nella tradizione protostorica ma si apre, ben presto, alle nuove sollecitazioni portate dallespansione etrusca in pianura padana.
Con il VI secolo si assiste, infatti, al rapido diffondersi di piccoli e grandi luoghi di culto, urbani, suburbani, extraurbani, in cui le nuove forme della religiosità appaiono caratterizzate, sin dall'inizio, dall'offerta di bronzetti schematici a figura umana e dalla comparsa delle prime forme di ellenizzazione del culto. Linflusso etrusco è particolarmente evidente nel polo riminese, dove il santuario di Villa Ruffi suggerisce l'alto grado di compenetrazione raggiunta tra le diverse sfere culturali presenti nella regione romagnola.
Nel resto della Romagna ai bronzetti schematici, dislocati lungo le principali vie di penetrazione dell'Appennino e i cui modelli sono riconducibili sia ad ambiente umbro che etrusco, si affiancano i rinvenimenti di vasetti miniaturistici - ciotoline, brocchette, piccoli kantharoi e kyathoi - in grotta o in abitato, segno tangibile del perpetuarsi di culti domestici e della capillarità di diffusione delle genti umbre.
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