“Gli Angeli della Pietà” è il titolo della mostra, promossa dal Comune di Rimini - Musei comunali - e dalla Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si articola attorno al “Cristo morto con quattro angeli” di Giovanni Bellini, uno dei sommi capolavori della pittura veneziana del Quattrocento, e che ha aperto i battenti il 19 agosto presso i Musei Comunali di Rimini dove resterà fino al 4 novembre.
Il “Cristo” di Bellini è l’opera più importante del Museo di Rimini e vanta una illustre provenienza: dall’oratorio di Sant’Antonio che sorgeva nei pressi della chiesa di San Francesco poi trasformata nel Tempio Malatestiano. Questo celebre capolavoro del pittore veneziano non finisce mai di stupire e di riaccendere la curiosità degli studiosi.
La mostra riminese si articola in un confronto tra la tavola di Bellini e altre bellissime opere del Quattrocento: il Cristo e angeli di Marco Zoppo, del Museo Civico di Pesaro, il rilievo quattrocentesco in cartapesta del Museo di Faenza, riferito dubitativamente al Bellano e una insigne derivazione bolognese, vale a dire la tavola di Francesco Francia della Pinacoteca Nazionale di Bologna, mentre all’iter iconografico che si dipana dai prototipi di Donatello, la mostra intende contribuire con la segnalazione, sinora rimasta un po’ in ombra, della magnifica medaglia di Matteo de’ Pasti con il «Cristo» di profilo al diritto e il «Cristo morto sostenuto da due angeli e la croce» al rovescio, di cui esiste un indiscutibile modello (quasi certamente un precedente) nei rilievi della seconda cappella a destra, detta «degli Angeli che giocano», nel Tempio Malatestiano.
Sempre in mostra, dai Musei Civici di Pesaro, è presente la «Testa di San Giovanni Battista», tradizionalmente riferita dalla critica a Marco Zoppo. Qui torna alla ribalta con l’attribuzione allo stesso Giovanni Bellini, attribuzione che non è del tutto inedita benché da tempo rifiutata, annoverando però tra i suoi primi sostenitori Roberto Longhi, Vittorio Moschini, Rodolfo Pallucchini, Alessandro Conti e altri che ora usciranno allo scoperto.
Chi la rilancia è un giovane studioso che lavora all’Università di Bologna, Giacomo Alberto Calogero, confortato in questa sua niente affatto infondata idea non solo da ragioni di stile, ma anche dal fatto di avere riletto un documento conservato nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro nel quale si dice che il tondo con la «Testa di San Giovanni Battista» fu donato alla chiesa di San Giovanni Battista in Pesaro «dalli SS. Duchi», i Della Rovere, di conseguenza non faceva in origine parte del polittico pesarese dello Zoppo, bensì era un quadro autonomo.
Tornando al capolavoro, il Cristo morto con quattro angeli, pochi dipinti che si riferiscono alla Passione di Gesù riescono a essere toccanti e coinvolgenti quanto quello presente a Rimini, il quale presenta eccezioni sue proprie, non sempre messe in luce della critica. Per esempio, i quattro angeli che lo attorniano, pur nella loro malinconica mestizia, non piangono, a differenza di altri in esempi coevi, ma sono rappresentati in un atteggiamento tra lo stupore, la meditazione e la contemplazione. Simile atteggiamento è sottolineato dall’angelo a destra, che sorregge il braccio e osserva la piaga della mano. Quello a sinistra invece è ritratto nell’atteggiamento di chi contempla stupito una scena nella quale un angelo, di cui non vediamo il volto, sorregge o meglio solleva il corpo vigoroso di Gesù, mentre un altro, alle sue spalle, con gli occhi commossi, sembra tenere in mano un chiodo della croce.
E’ proprio la diversa posizione di questi angeli ad avere sollecitato alcune letture che discostano il quadro riminese dal tradizionale “Cristo uomo dei dolori”, accompagnato o meno dagli angeli piangenti. La prima, molto interessante, si fonda sull’ipotesi che si tratti di una Pietà connessa al mistero e al sacrificio dell’Eucarestia: gli Angeli sollevano il corpo del Signore sull’altare. Un’altra è che stiano preparando Cristo per la risurrezione. Ma ora se ne avanza un’altra ancora più convincente.
A ben pensare, questo episodio non è mai citata nei testi sacri, che si limitano a descrive la Crocifissione, la Deposizione dalla croce e la Messa nel sepolcro. E’ la sequenza del Venerdì santo, cui – non solo sul piano iconografico ma anche su quello testuale – consegue il racconto della Risurrezione. Ma tra il Venerdì e la Domenica di Risurrezione è inserito il grande mistero del Sabato con la discesa di Cristo agli inferi.
Anche il quadro di Giovanni Bellini (come quelli di tutti gli artisti che si sono cimentati nell’intensissimo tema di Cristo morto) non trova precisa corrispondenza nei testi, ma qualcosa forse si può trovare nella liturgia, e specialmente in quella orientale antica; tuttavia le ricerche non hanno portato a sicure conclusioni. Inoltre l’interpretazione belliniana è diversa da ogni altra ed è quasi un “unicum” nell’ambito della pittura occidentale. In seno agli studi che si sono viluppati in occasione della mostra, si fa largo una nuova ipotesi secondo la quale gli angeli della Pietà di Rimini sono come stupiti e increduli, di fronte alla Passione di Cristo, ipotesi che affonda le radici nel pensiero cristiano orientale, riveduto alla luce dell’umanesimo cristiano occidentale.
Tutte queste considerazioni ci permettono di ammirare lo straordinario capolavoro con un’attenzione molto maggiore di quanto non sia il modo di osservarlo da un punto puramente estetico. Balza però agli occhi di tutti la struggente bellezza della figura del Signore che sembra in luminoso contrasto col fondo nero – come un rilievo classico –, circondata da angeli-bambini pieni di incontenibile commozione.
Gli angeli della pietà, intorno a Giovanni Bellini
Rimini, Museo della città, via Luigi Tonini,1
19 agosto - 4 novembre 2012
Orari di apertura:
Fino al 25 agosto ore 10-23
dal 26 al 31 agosto: da martedì a sabato ore 14-23, domenica ore 17-23
martedì e giovedì anche 10- 12,30. Lunedì chiuso.
dal 1° settembre: martedì-sabato ore 8,30-13 e ore 16-19
domenica e festivi ore 10-12,30 e ore 15-19. Lunedì non festivi chiuso.
Mostra realizzata da: Comune di Rimini – Musei Comunali, Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli
A cura di: Marco Bona Castellotti, Massimo Pulini
Catalogo: Allemandi editore
Albo dei prestatori: Pesaro, Musei Civici; Faenza, Pinacoteca Comunale di Arte Antica e Moderna; Bologna, Pinacoteca Nazionale; Collezionisti privati
Coordinamento organizzativo: Musei Comunali, Maurizio Biordi in collaborazione con Annamaria Bernucci e Orietta Piolanti
Il “Cristo” di Bellini è l’opera più importante del Museo di Rimini e vanta una illustre provenienza: dall’oratorio di Sant’Antonio che sorgeva nei pressi della chiesa di San Francesco poi trasformata nel Tempio Malatestiano. Questo celebre capolavoro del pittore veneziano non finisce mai di stupire e di riaccendere la curiosità degli studiosi.
La mostra riminese si articola in un confronto tra la tavola di Bellini e altre bellissime opere del Quattrocento: il Cristo e angeli di Marco Zoppo, del Museo Civico di Pesaro, il rilievo quattrocentesco in cartapesta del Museo di Faenza, riferito dubitativamente al Bellano e una insigne derivazione bolognese, vale a dire la tavola di Francesco Francia della Pinacoteca Nazionale di Bologna, mentre all’iter iconografico che si dipana dai prototipi di Donatello, la mostra intende contribuire con la segnalazione, sinora rimasta un po’ in ombra, della magnifica medaglia di Matteo de’ Pasti con il «Cristo» di profilo al diritto e il «Cristo morto sostenuto da due angeli e la croce» al rovescio, di cui esiste un indiscutibile modello (quasi certamente un precedente) nei rilievi della seconda cappella a destra, detta «degli Angeli che giocano», nel Tempio Malatestiano.
Sempre in mostra, dai Musei Civici di Pesaro, è presente la «Testa di San Giovanni Battista», tradizionalmente riferita dalla critica a Marco Zoppo. Qui torna alla ribalta con l’attribuzione allo stesso Giovanni Bellini, attribuzione che non è del tutto inedita benché da tempo rifiutata, annoverando però tra i suoi primi sostenitori Roberto Longhi, Vittorio Moschini, Rodolfo Pallucchini, Alessandro Conti e altri che ora usciranno allo scoperto.
Chi la rilancia è un giovane studioso che lavora all’Università di Bologna, Giacomo Alberto Calogero, confortato in questa sua niente affatto infondata idea non solo da ragioni di stile, ma anche dal fatto di avere riletto un documento conservato nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro nel quale si dice che il tondo con la «Testa di San Giovanni Battista» fu donato alla chiesa di San Giovanni Battista in Pesaro «dalli SS. Duchi», i Della Rovere, di conseguenza non faceva in origine parte del polittico pesarese dello Zoppo, bensì era un quadro autonomo.
Tornando al capolavoro, il Cristo morto con quattro angeli, pochi dipinti che si riferiscono alla Passione di Gesù riescono a essere toccanti e coinvolgenti quanto quello presente a Rimini, il quale presenta eccezioni sue proprie, non sempre messe in luce della critica. Per esempio, i quattro angeli che lo attorniano, pur nella loro malinconica mestizia, non piangono, a differenza di altri in esempi coevi, ma sono rappresentati in un atteggiamento tra lo stupore, la meditazione e la contemplazione. Simile atteggiamento è sottolineato dall’angelo a destra, che sorregge il braccio e osserva la piaga della mano. Quello a sinistra invece è ritratto nell’atteggiamento di chi contempla stupito una scena nella quale un angelo, di cui non vediamo il volto, sorregge o meglio solleva il corpo vigoroso di Gesù, mentre un altro, alle sue spalle, con gli occhi commossi, sembra tenere in mano un chiodo della croce.
E’ proprio la diversa posizione di questi angeli ad avere sollecitato alcune letture che discostano il quadro riminese dal tradizionale “Cristo uomo dei dolori”, accompagnato o meno dagli angeli piangenti. La prima, molto interessante, si fonda sull’ipotesi che si tratti di una Pietà connessa al mistero e al sacrificio dell’Eucarestia: gli Angeli sollevano il corpo del Signore sull’altare. Un’altra è che stiano preparando Cristo per la risurrezione. Ma ora se ne avanza un’altra ancora più convincente.
A ben pensare, questo episodio non è mai citata nei testi sacri, che si limitano a descrive la Crocifissione, la Deposizione dalla croce e la Messa nel sepolcro. E’ la sequenza del Venerdì santo, cui – non solo sul piano iconografico ma anche su quello testuale – consegue il racconto della Risurrezione. Ma tra il Venerdì e la Domenica di Risurrezione è inserito il grande mistero del Sabato con la discesa di Cristo agli inferi.
Anche il quadro di Giovanni Bellini (come quelli di tutti gli artisti che si sono cimentati nell’intensissimo tema di Cristo morto) non trova precisa corrispondenza nei testi, ma qualcosa forse si può trovare nella liturgia, e specialmente in quella orientale antica; tuttavia le ricerche non hanno portato a sicure conclusioni. Inoltre l’interpretazione belliniana è diversa da ogni altra ed è quasi un “unicum” nell’ambito della pittura occidentale. In seno agli studi che si sono viluppati in occasione della mostra, si fa largo una nuova ipotesi secondo la quale gli angeli della Pietà di Rimini sono come stupiti e increduli, di fronte alla Passione di Cristo, ipotesi che affonda le radici nel pensiero cristiano orientale, riveduto alla luce dell’umanesimo cristiano occidentale.
Tutte queste considerazioni ci permettono di ammirare lo straordinario capolavoro con un’attenzione molto maggiore di quanto non sia il modo di osservarlo da un punto puramente estetico. Balza però agli occhi di tutti la struggente bellezza della figura del Signore che sembra in luminoso contrasto col fondo nero – come un rilievo classico –, circondata da angeli-bambini pieni di incontenibile commozione.
Gli angeli della pietà, intorno a Giovanni Bellini
Rimini, Museo della città, via Luigi Tonini,1
19 agosto - 4 novembre 2012
Orari di apertura:
Fino al 25 agosto ore 10-23
dal 26 al 31 agosto: da martedì a sabato ore 14-23, domenica ore 17-23
martedì e giovedì anche 10- 12,30. Lunedì chiuso.
dal 1° settembre: martedì-sabato ore 8,30-13 e ore 16-19
domenica e festivi ore 10-12,30 e ore 15-19. Lunedì non festivi chiuso.
Mostra realizzata da: Comune di Rimini – Musei Comunali, Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli
A cura di: Marco Bona Castellotti, Massimo Pulini
Catalogo: Allemandi editore
Albo dei prestatori: Pesaro, Musei Civici; Faenza, Pinacoteca Comunale di Arte Antica e Moderna; Bologna, Pinacoteca Nazionale; Collezionisti privati
Coordinamento organizzativo: Musei Comunali, Maurizio Biordi in collaborazione con Annamaria Bernucci e Orietta Piolanti