Saranno i legionari della XIII Legio Gemina di Rimini ad attendere gli appassionati filatelici che vorranno approfittare dell’iniziativa promossa dal Comune di Rimini e da Poste Italiane nel pomeriggio di venerdì 2 maggio in occasione del giorno d’emissione del francobollo ordinario dedicato al Ponte di Tiberio nel bimillenario della sua costruzione.
Sarà quindi sotto una tenda della XIII Legio, presidiata da due legionari e montata nel giardinetto lato borgo San Giuliano, che dalle ore 15,30 alle 19 di venerdì 2 maggio sarà possibile acquistare il nuovo francobollo e farlo annullare con lo speciale annullo realizzato da Filatelia di Poste Italiane nel giorno di emissione su una speciale cartolina, tratta da una foto storica del ponte, fatta stampare per l’occasione dal Comune di Rimini.
Il francobollo dedicato al Ponte di Tiberio in Rimini, dal valore di € 1,90 (bozzettista ed incisore Rita Fantini), è stato stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in calcografia su carta patinata gommata, fluorescente; grammatura: 100 g/mq; formato carta: mm 48 x 40; formato stampa: mm 44 x 36; dentellatura: 13½ x 13; colore: uno; tiratura: due milioni di francobolli: foglio: venticinque esemplari, valore “€ 47,50”.
La vignetta raffigura una veduta prospettica del Ponte di Tiberio sul fiume Marecchia in Rimini, la cui costruzione venne avviata da Augusto nel 14 d.C. e completata da Tiberio nel 21 d.C., un gioiello architettonico che testimonia la perfezione delle infrastrutture di epoca romana.
“Quando si parla di Rimini – ha scritto il Sindaco Andrea Gnassi nell’introduzione del folder realizzato da poste italiane per l’occasione - balzano subito alla mente alcune immagini: il mare, la spiaggia, Federico Fellini, l’Arco d’Augusto, porta d’ingresso al centro storico. E il Ponte di Tiberio. Si tratta senza dubbio di uno dei simboli di Rimini, uno dei pezzi di storia che caratterizzano la nostra città. Da duemila anni fa bella mostra di sé, possente e fiero, punto strategico da cui prendono inizio le vie per il Nord, che si aprono all’Europa centrale e orientale.
E per questo il Ponte di Tiberio incarna alla perfezione lo spirito di una terra che vive di relazioni, aperta verso il lontano e lo sconosciuto, quindi curiosa. Per questo motivo abbiamo deciso di festeggiare con tutti gli onori il bimillenario della sua costruzione, ascoltando con delicatezza il suo racconto, col desiderio che diventi sempre più patrimonio condiviso dei riminesi e dell’Italia intera.”
Il Ponte di Tiberio di Rimini
Perfetto esempio di sintesi tra funzionalità e intento celebrativo, il ponte romano sul fiume Marecchia (l’Ariminus da cui aveva preso nome la città) interpreta il gusto monumentale dell’età di Augusto, l’imperatore che nel 14 avviò i lavori di costruzione, proseguiti e portati a termine nel 21 da Tiberio.
Il ponte nei pressi dell’approdo di foce, univa il decumano massimo (oggi corso di Augusto) al suburbio di Ariminum (Rimini), garantendo il passaggio già assicurato da una struttura probabilmente in materiale deperibile. Posto all’inizio delle vie consolari dirette a Nord, l’Aemilia e la Popillia, il ponte costituiva, sul versante Adriatico, il perno di collegamento fra Italia peninsulare e settentrionale.
Il monumento conserva tuttora forme e funzione originarie, collegando il borgo, intitolato dal Medioevo a San Giuliano, e il centro urbano.
La possente architettura si impone nel candore della pietra d’Istria che riveste l’anima di calcestruzzo e nel rincorrersi delle cinque arcate. Diverse nelle dimensioni (min m 8,30; max m 10,70) e nel profilo (ora a tutto sesto, ora policentrico, ora rialzato, ora quasi acuto), le arcate conferiscono alla struttura un ritmo mosso e nell’insieme armonico. Un ritmo sottolineato dalle grandi nicchie a pseudoedicola disegnate sui piloni, profonde appena una ventina di centimetri, così come dalla robusta cornice a dentelli, aggettante, che corre sotto il parapetto in lastre di pietra. Ma anche dai rilievi scolpiti nelle chiavi delle arcate: su quella centrale, a valle una corona di quercia e a monte un grande scudo; su quelle laterali si conservano, a valle, i vasi per il rito (l’urceo e la patera), a monte, il bastone ricurvo dei sacerdoti e dei magistrati (lituo). Sopra l’arcata centrale le lastre del parapetto si fanno più alte e spesse per ospitare l’iscrizione ripetuta su entrambi i lati della carreggiata: il testo restituisce i nomi dei due imperatori e, attraverso le loro titolature, le datazioni di inizio e fine lavori. Il piano stradale, lastricato con i tradizionali basoli di trachite, aveva una larghezza di m. 4,80 ed era fiancheggiato da marciapiedi sopraelevati di ca. 30 cm e ampi ca.60 cm. In origine più lungo degli attuali 74 m per la presenza delle due spalle di cui oggi è superstite solo quella verso la città, il ponte ha piloni con speroni frangiflutti disposti in obliquo rispetto all’asse stradale, al fine di assecondare la corrente per attenuarne l’urto.
La deviazione del Marecchia prima e quindi i lavori per l’attuale bacino, hanno messo in luce i resti di banchine in pietra a protezione dei fianchi delle testate di sponda; i sondaggi hanno poi rivelato che la struttura poggia su un sistema di pali di legno, perfettamente isolati.
Paradigma di architettura e ingegneria idraulica, il ponte è anche un manifesto della propaganda politica della prima età imperiale attraverso l’iscrizione e il sobrio apparato decorativo. Il richiamo all’autorità civile nella corona d’alloro e nello scudo, ma soprattutto religiosa nel lituo, nell’urceo e nella patera per i sacrifici, connota il princeps come uomo di pace, interprete della pietas, e nel contempo sigla la continuità del potere da Augusto a Tiberio.
Il ponte è sopravvissuto a tante vicessitudini: dai terremoti alle piene del fiume, dall’usura agli episodi bellici. Tra questi ultimini ricordiamo la guerra fra Goti e Bizantini che, nel 552, vide il comandante goto Usdrila ordinare l’abbattimento dell’ultima arcata verso il borgo per impedire l’ingresso dell’esercito nemico e, nel secolo scorso, la Seconda Guerra Mondiale con il tentativo, da parte dei Tedeschi in ritirata, di far saltare le arcate millenarie, tentativo fallito grazie alla sensibilità di un loro ufficiale.
Il ponte gode di fama internazionale per essere stato assunto nel Rinascimento a modello nell’intera Europa, grazie soprattutto al Palladio che lo definì “il più bello et il più degno di considerazione, sì per la fortezza come per il compartimento”.
Scheda storica a cura di Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti dei Musei Comunali di Rimini
Sarà quindi sotto una tenda della XIII Legio, presidiata da due legionari e montata nel giardinetto lato borgo San Giuliano, che dalle ore 15,30 alle 19 di venerdì 2 maggio sarà possibile acquistare il nuovo francobollo e farlo annullare con lo speciale annullo realizzato da Filatelia di Poste Italiane nel giorno di emissione su una speciale cartolina, tratta da una foto storica del ponte, fatta stampare per l’occasione dal Comune di Rimini.
Il francobollo dedicato al Ponte di Tiberio in Rimini, dal valore di € 1,90 (bozzettista ed incisore Rita Fantini), è stato stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in calcografia su carta patinata gommata, fluorescente; grammatura: 100 g/mq; formato carta: mm 48 x 40; formato stampa: mm 44 x 36; dentellatura: 13½ x 13; colore: uno; tiratura: due milioni di francobolli: foglio: venticinque esemplari, valore “€ 47,50”.
La vignetta raffigura una veduta prospettica del Ponte di Tiberio sul fiume Marecchia in Rimini, la cui costruzione venne avviata da Augusto nel 14 d.C. e completata da Tiberio nel 21 d.C., un gioiello architettonico che testimonia la perfezione delle infrastrutture di epoca romana.
“Quando si parla di Rimini – ha scritto il Sindaco Andrea Gnassi nell’introduzione del folder realizzato da poste italiane per l’occasione - balzano subito alla mente alcune immagini: il mare, la spiaggia, Federico Fellini, l’Arco d’Augusto, porta d’ingresso al centro storico. E il Ponte di Tiberio. Si tratta senza dubbio di uno dei simboli di Rimini, uno dei pezzi di storia che caratterizzano la nostra città. Da duemila anni fa bella mostra di sé, possente e fiero, punto strategico da cui prendono inizio le vie per il Nord, che si aprono all’Europa centrale e orientale.
E per questo il Ponte di Tiberio incarna alla perfezione lo spirito di una terra che vive di relazioni, aperta verso il lontano e lo sconosciuto, quindi curiosa. Per questo motivo abbiamo deciso di festeggiare con tutti gli onori il bimillenario della sua costruzione, ascoltando con delicatezza il suo racconto, col desiderio che diventi sempre più patrimonio condiviso dei riminesi e dell’Italia intera.”
Il Ponte di Tiberio di Rimini
Perfetto esempio di sintesi tra funzionalità e intento celebrativo, il ponte romano sul fiume Marecchia (l’Ariminus da cui aveva preso nome la città) interpreta il gusto monumentale dell’età di Augusto, l’imperatore che nel 14 avviò i lavori di costruzione, proseguiti e portati a termine nel 21 da Tiberio.
Il ponte nei pressi dell’approdo di foce, univa il decumano massimo (oggi corso di Augusto) al suburbio di Ariminum (Rimini), garantendo il passaggio già assicurato da una struttura probabilmente in materiale deperibile. Posto all’inizio delle vie consolari dirette a Nord, l’Aemilia e la Popillia, il ponte costituiva, sul versante Adriatico, il perno di collegamento fra Italia peninsulare e settentrionale.
Il monumento conserva tuttora forme e funzione originarie, collegando il borgo, intitolato dal Medioevo a San Giuliano, e il centro urbano.
La possente architettura si impone nel candore della pietra d’Istria che riveste l’anima di calcestruzzo e nel rincorrersi delle cinque arcate. Diverse nelle dimensioni (min m 8,30; max m 10,70) e nel profilo (ora a tutto sesto, ora policentrico, ora rialzato, ora quasi acuto), le arcate conferiscono alla struttura un ritmo mosso e nell’insieme armonico. Un ritmo sottolineato dalle grandi nicchie a pseudoedicola disegnate sui piloni, profonde appena una ventina di centimetri, così come dalla robusta cornice a dentelli, aggettante, che corre sotto il parapetto in lastre di pietra. Ma anche dai rilievi scolpiti nelle chiavi delle arcate: su quella centrale, a valle una corona di quercia e a monte un grande scudo; su quelle laterali si conservano, a valle, i vasi per il rito (l’urceo e la patera), a monte, il bastone ricurvo dei sacerdoti e dei magistrati (lituo). Sopra l’arcata centrale le lastre del parapetto si fanno più alte e spesse per ospitare l’iscrizione ripetuta su entrambi i lati della carreggiata: il testo restituisce i nomi dei due imperatori e, attraverso le loro titolature, le datazioni di inizio e fine lavori. Il piano stradale, lastricato con i tradizionali basoli di trachite, aveva una larghezza di m. 4,80 ed era fiancheggiato da marciapiedi sopraelevati di ca. 30 cm e ampi ca.60 cm. In origine più lungo degli attuali 74 m per la presenza delle due spalle di cui oggi è superstite solo quella verso la città, il ponte ha piloni con speroni frangiflutti disposti in obliquo rispetto all’asse stradale, al fine di assecondare la corrente per attenuarne l’urto.
La deviazione del Marecchia prima e quindi i lavori per l’attuale bacino, hanno messo in luce i resti di banchine in pietra a protezione dei fianchi delle testate di sponda; i sondaggi hanno poi rivelato che la struttura poggia su un sistema di pali di legno, perfettamente isolati.
Paradigma di architettura e ingegneria idraulica, il ponte è anche un manifesto della propaganda politica della prima età imperiale attraverso l’iscrizione e il sobrio apparato decorativo. Il richiamo all’autorità civile nella corona d’alloro e nello scudo, ma soprattutto religiosa nel lituo, nell’urceo e nella patera per i sacrifici, connota il princeps come uomo di pace, interprete della pietas, e nel contempo sigla la continuità del potere da Augusto a Tiberio.
Il ponte è sopravvissuto a tante vicessitudini: dai terremoti alle piene del fiume, dall’usura agli episodi bellici. Tra questi ultimini ricordiamo la guerra fra Goti e Bizantini che, nel 552, vide il comandante goto Usdrila ordinare l’abbattimento dell’ultima arcata verso il borgo per impedire l’ingresso dell’esercito nemico e, nel secolo scorso, la Seconda Guerra Mondiale con il tentativo, da parte dei Tedeschi in ritirata, di far saltare le arcate millenarie, tentativo fallito grazie alla sensibilità di un loro ufficiale.
Il ponte gode di fama internazionale per essere stato assunto nel Rinascimento a modello nell’intera Europa, grazie soprattutto al Palladio che lo definì “il più bello et il più degno di considerazione, sì per la fortezza come per il compartimento”.
Scheda storica a cura di Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti dei Musei Comunali di Rimini