"Si entra in Rimini per la porta S. Giuliano su di un ponte superbo, costruito con il più bel marmo bianco al tempo degli imperatori Augusto e Tiberio...": così nell'Itineraire d'Italie, redatto nel 1807, inizia la descrizione della città di Rimini. Ma quanti dei turisti che affollano oggi la spiaggia della città adriatica, i suoi locali, le discoteche, hanno visto quel ponte, che si conserva quasi intatto con le sue iscrizioni, e sanno che, oltre il Duemila, questa città può vantare a dir poco ventritré secoli di storia? Perché, testimonianze archeologiche alla mano, Ariminum fu colonia dei Romani dal 268 a.C., ma qui si erano precedentemente stanziate altre popolazioni, tra cui quelle celtiche, più comunemente ricordati come Galli.
Forse, se raccontiamo a questi turisti distratti che nei pressi della città, oltre al fiume Marecchia, l'antico Ariminus, che diede il nome alla città, scorre anche il Rubicone, qualche barlume di storia e di latino riporterà alla memoria Giulio Cesare e una frase, magari in italiano, "il dado è tratto". Bene, allora muoviamoci anche noi, come fece Cesare con le sue legioni, e concediamoci una passeggiata archeologica, un percorso non virtuale attraverso una città antica che "vive" tuttora nel cuore del centro storico di Rimini. Per dare al nostro percorso un avvio "trionfale" entriamo dall'Arco che l'imperatore Augusto fece erigere a sua gloria eterna (si può ben dire) nell'ultimo scorcio del I secolo a.C.. Due strade qui si incontrano: la Flaminia, proveniente da Roma, così appellata dal nome del console che nel III secolo a.C. ne avviò la costruzione, e l'Emilia, battezzata da un altro console nel 187 a.C., che giunge fino a Piacenza. Sull'Arco una iscrizione, tuttora leggibile se si è avuta la fortuna di studiare un po' di latino, ricorda che l'imperatore fece lastricare le vie della città. Ottimi comunicatori i nostri antenati, efficacissimi precursori dei "media"; ne avrete una conferma visitando il lapidario romano presso il Museo della Città. Le pietre inscritte vi racconteranno vite private, pubblica munificenza, ossequio alle divinità e quant'altro. Guardando la facciata del Duomo, meglio noto come Tempio Malatestiano, vi accorgerete che Sigismondo aveva assimilato questo messaggio.
Percorrendo il Corso d'Augusto, cioè il decumano massimo dell'antica colonia che arriva fino al Ponte di Tiberio, giungiamo a Piazza Tre Martiri, dove un cippo, di età rinascimentale, alimenta la tradizione che vuole che da qui Cesare abbia arringato i suoi soldati prima di scendere in armi verso Roma.
Ci incamminiamo poi verso la domus che gli archeologi stanno scavando nella vicina piazza Ferrari, a due passi dal prestigioso Museo della Città, in cui troverete il Lapidario ed alcuni bei mosaici romani. Su Viale Roma un occhio alle rovine dell'anfiteatro, costruito nel II secolo d.C., vi restituirà al clima ludico delle vostre vacanze: anche gli antichi romani amavano divertirsi, giocare, e gli spettacoli che qui si allestivano erano destinati ad accogliere migliaia di spettatori; il "popolo della notte" esisteva di già, e gente proveniente da paesi, spesso lontani, e da un oriente, molto vicino, frequentava la città anche allora per il suo mare: erano le attività portuali a renderla nota, oggi è la spiaggia. Non dimenticando che si cammina su oltre due millenni di storia.
Testo di Valeria Cicala, IBC Emilia-Romagna.
Nella foto di Emilio Salvatori, il Ponte di Tiberio al tramonto.
Forse, se raccontiamo a questi turisti distratti che nei pressi della città, oltre al fiume Marecchia, l'antico Ariminus, che diede il nome alla città, scorre anche il Rubicone, qualche barlume di storia e di latino riporterà alla memoria Giulio Cesare e una frase, magari in italiano, "il dado è tratto". Bene, allora muoviamoci anche noi, come fece Cesare con le sue legioni, e concediamoci una passeggiata archeologica, un percorso non virtuale attraverso una città antica che "vive" tuttora nel cuore del centro storico di Rimini. Per dare al nostro percorso un avvio "trionfale" entriamo dall'Arco che l'imperatore Augusto fece erigere a sua gloria eterna (si può ben dire) nell'ultimo scorcio del I secolo a.C.. Due strade qui si incontrano: la Flaminia, proveniente da Roma, così appellata dal nome del console che nel III secolo a.C. ne avviò la costruzione, e l'Emilia, battezzata da un altro console nel 187 a.C., che giunge fino a Piacenza. Sull'Arco una iscrizione, tuttora leggibile se si è avuta la fortuna di studiare un po' di latino, ricorda che l'imperatore fece lastricare le vie della città. Ottimi comunicatori i nostri antenati, efficacissimi precursori dei "media"; ne avrete una conferma visitando il lapidario romano presso il Museo della Città. Le pietre inscritte vi racconteranno vite private, pubblica munificenza, ossequio alle divinità e quant'altro. Guardando la facciata del Duomo, meglio noto come Tempio Malatestiano, vi accorgerete che Sigismondo aveva assimilato questo messaggio.
Percorrendo il Corso d'Augusto, cioè il decumano massimo dell'antica colonia che arriva fino al Ponte di Tiberio, giungiamo a Piazza Tre Martiri, dove un cippo, di età rinascimentale, alimenta la tradizione che vuole che da qui Cesare abbia arringato i suoi soldati prima di scendere in armi verso Roma.
Ci incamminiamo poi verso la domus che gli archeologi stanno scavando nella vicina piazza Ferrari, a due passi dal prestigioso Museo della Città, in cui troverete il Lapidario ed alcuni bei mosaici romani. Su Viale Roma un occhio alle rovine dell'anfiteatro, costruito nel II secolo d.C., vi restituirà al clima ludico delle vostre vacanze: anche gli antichi romani amavano divertirsi, giocare, e gli spettacoli che qui si allestivano erano destinati ad accogliere migliaia di spettatori; il "popolo della notte" esisteva di già, e gente proveniente da paesi, spesso lontani, e da un oriente, molto vicino, frequentava la città anche allora per il suo mare: erano le attività portuali a renderla nota, oggi è la spiaggia. Non dimenticando che si cammina su oltre due millenni di storia.
Testo di Valeria Cicala, IBC Emilia-Romagna.
Nella foto di Emilio Salvatori, il Ponte di Tiberio al tramonto.