venerdì 4 dicembre 2015
alle 21
Congressi, Convegni, Conferenze e Seminari
Più che una presentazione del libro è un monologo di 80 minuti circa, un'affabulazione scenica di Gabriele Romagnoli. Il narratore, viaggiatore seriale (ha visto 74 Paesi, abitato in 4 continenti, 8 città, 27 case) parte da una sua esperienza unica. In Corea, mentre era virtualmente morto, chiuso in una cassa di legno, per un bizzarro rito-esperimento, arrivano le storie, le riflessioni, i pensieri ossessivi. Chiuso nella bara, aspettando la riapertura, riflette su quel che della sua esistenza vale la pena di tramandare e compone un ideale bagaglio a mano, alleggerendolo di cose materiali e immateriali, fino a raggiungere l'essenza di sé.
“Solo bagaglio a mano”. Non ingombrare, non essere ingombranti: è l’unica prospettiva che si possa contare fra quelle positive, efficaci, forse anche moralmente e politicamente buone. Gabriele Romagnoli ha avuto modo di pensarci in Corea, mentre era virtualmente morto, chiuso in una cassa di legno, per un bizzarro rito-esperimento. Nel silenzio claustrofobico di quella bara, con addosso solo una vestaglia senza tasche (perché, come si dice a Napoli, “l’ultimo vestito è senza tasche”), arrivano le storie, le riflessioni, i pensieri ossessivi che hanno a che fare con la moderazione. Il bagaglio a mano, per esempio. Un bagaglio che chiede l’indispensabile, e dunque, chiedendo di scegliere, mette in moto una critica del possibile. Un bagaglio che impone di selezionare un vestito multiuso, un accessorio funzionale, persino un colore non invadente. Il bagaglio del grande viaggiatore diventa metafora di un modello di esistenza che vede nel “perdere” una forma di ricchezza, che sollecita l’affrancamento dai bisogni, che non teme la privazione del “senza”. Anche di fronte alle più torve minacce del mondo, la leggerezza di sapersi slegato dalla dipendenza tutta occidentale della “pesantezza” del corpo, e da ciò che a essa si accompagna, diventa un’ipotesi di salvezza.
Viaggiare leggeri. Essere leggeri. Vivere leggeri. Gabriele Romagnoli centra uno dei temi decisivi della società contemporanea e della sopravvivenza globale e scrive una delle sue opere più saporite, il racconto di una rinascita, di un risveglio. Senza magniloquenza. Senza arroganza. Senza.
In ogni istante, anche ora, anche intorno a voi, finiscono amori, si sgretolano patrimoni, vengono cancellate esistenze irrinunciabili e contemporaneamente si accendono altre passioni, crescono nuove fortune, sbocciano splendide vite. E si va avanti.
Gabriele Romagnoli è nato a Bologna il 10 settembre del 1960. Fù "scoperto" da Pier Vittorio Tondelli grazie alla prima antologia degli UNDER 25, "Giovani Blues", per la quale Gabriele scrisse "Undici calciatori". Giornalista e scrittore, è stato inviato per due anni de La Stampa negli Stati Uniti. È editorialista de La Repubblica e collabora(e ha collaborato) con molte riviste e quotidiani nazionali e internazionali. Ha esordito nella narrativa nel 1993 con Navi in bottiglia. Ed è anche autore di alcune sceneggiature di fiction televisive.