I tradizionali falò di San Giuseppe
Quella della fogheraccia è un'usanza molto antica, un rito propiziatorio per un raccolto abbondante, che si collega al calendario romano, secondo il quale l'anno iniziava nel mese di marzo, dedicato a Marte, dio dell'agricoltura, oltre che della guerra. Tale usanza salutava l'inizio dell'anno agricolo con l'accensione di falò di sterpi, paglia e di quello che rimaneva dei raccolti dell'anno precedente insieme alle ramaglie derivanti dalle potature praticate in vista della bella stagione.
Qui in Romagna la preparazione delle fogheracce conosciute anche come focarine o focheracce (riminese: fugaràza), è sempre stata di per sè un rito: i contadini accendevano i fuochi per bruciare le potature e i giovani, i bambini e gli anziani, nei giorni precedenti la ricorrenza, raccoglievano oggetti non più utilizzati, mobili vecchi, stracci e li ammucchiavano per fare i falò, qui chiamati tradizionalmente Focheracce o Fugarine di San Giuseppe. Si trattava di momenti di aggregazione paesana, come Fellini magistralmente descrive in "Amarcord", che ancora vivono nell'anima riminese.
Infatti ancora oggi ogni anno, in occasione della festa di San Giuseppe e di tutti i papà, la sera del 18 marzo, Rimini si accende con i tradizionali falò, simbolo della fine dell'inverno e dell'arrivo della primavera e spesso si anima con musica, ciambella e vin brulè, senza dimenticare la tradizionale piadina. Un momento di condivisione attorno al fuoco che ci riallaccia alle antiche tradizioni del mondo contadino.