Roberto Valturio (1413-1483)
Nacque a Rimini nel 1413. Compì i suoi studi a Roma, dove ricoprì successivamente l'incarico di scrittore apostolico. Tornò in patria nel 1446 e sposò Diana Lazzari, vedova di Giovanni Augurelli. Accolto alla corte di Sigismondo Pandolfo Malatesta, divenne l'amico più stretto e il consigliere più fidato del Signore, e si fece una solida fama di dotto (fu chiamato "monarca di tutte le scienze") e di elegante scrittore.
A Sigismondo dedicò la sua opera De re militari, terminata nel 1455: un ampio trattato in latino sull'arte della guerra, dove si occupò approfonditamente di ingegneria militare, tecniche d'assedio, macchine belliche e armi, riservando una speciale e precoce attenzione all'artiglieria. L'opera sarà stampata nel 1472 a Verona, per i tipi di Giovanni di Niccolò nel 1483 sarà tradotta in volgare e nel 1555 in lingua francese.
Dopo la morte di Sigismondo, servì il figlio Roberto il Magnifico. L'anno della sua scomparsa non ècerto: l'arca del Tempio Malatestiano in cui riposa riporta la data del 1483, ma un atto del 1478 lo dichiara già morto. Lasciò la sua ampia e bella biblioteca manoscritta al convento di San Francesco, che nel secolo XVII, colpevolmente, la disperderà del tutto.
Guido Cagnacci (1601-1663)
Nacque a Santarcangelo di Romagna nel 1601. Si ignora chi lo abbia avviato alla pittura: probabilmente fu autodidatta. Dal 1618 al 1621 lavorò a Bologna nella bottega di un maestro che la tradizione identifica con Guido Reni. Nel 1622 era a Roma, al seguito del Guercino. Nel 1628, a Rimini, tentò di fuggire con una nobile e ricca vedova, Teodora Stivivi: per questa romanzesca impresa fu bandito dalla città. Nel 1642 lo troviamo a Forlì (da cui dovette allontanarsi, non sappiamo perchè, nel 1645), nel 1646 a Cesena, nel 1647 a Faenza. Andò poi a Venezia, e neppure qui il soggiorno fu del tutto tranquillo. Si trasferì infine a Vienna, su invito di Leopoldo I, e dipinse parecchie opere per l'Imperatore e la sua corte. Morì nel 1663.
Come altri artisti del suo tempo, Cagnacci ebbe una vita avventurosa e turbolenta; aggressività e sensualità affiorano, filtrate dall'arte, nelle sue tele; la critica lo giudica uno dei più autentici e geniali artisti del Seicento.
Aurelio De' Giorgi Bertola (1753-1798)
Nacque nel 1753 a Rimini, dove iniziò gli studi, continuati a Todi. Nel 1769 tornò in patria e - quantunque del tutto privo di vocazione - entrò nell'ordine degli Olivetani. Nel 1773, dopo un soggiorno a Siena, la fama procuratagli dal poemetto Notti clementine (scritto per la morte di Clemente XIV) gli fece ottenere la cattedra di Storia e Geografia all'Accademia di Marina di Napoli. Nella città partenopea visse dieci anni. Nel 1783 ritornò a Rimini ed ebbe la dispensa di vivere fuori del chiostro. A Vienna, ospite del Garampi, si applicò allo studio della letteratura tedesca. Di ritorno dall'Austria, gli fu assegnata la cattedra di Storia all'Università di Pavia, che tenne fino al 1793, quando le precarie condizioni di salute gli fecero perdere l'insegnamento. Negli anni del soggiorno pavese compì viaggi in Ungheria, Svizzera e Germania. Tornato nuovamente a Rimini, vi rimase fino al 1797. Andò poi a Roma, da cui dovette scappare in Toscana per lo scandalo suscitato dalle sue numerose (e sbandierate) avventure galanti. Nel 1798, gravemente ammalato, rientrò nella città natale, dove si spense.
Bertola fu poeta autentico e, per così dire, "di frontiera" tra la maniera arcadica, il didascalismo illuministico e la tavolozza notturna del preromanticismo: le younghiane Notti clementine (1774-1780) toccarono le 18 edizioni; ancor più fortunate furono le Favole (1782-1796), che ebbero 7 edizioni vivente l'autore e ben 26 postume. Bertola scrisse anche importanti opere di estetica (Idea della poesia alemanna, 1779; Idea della bella letteratura alemanna, 1784; Saggio sopra la Grazia nelle lettere ed arti) e di teoria della storia (Saggio della filosofia della storia, 1787). La sua fama è soprattutto legata al bellissimo Viaggio sul Reno (1795).