Fra Città e Museo
I Musei Comunali di Rimini arricchiscono la loro proposta di itinerari alla scoperta del ricco patrimonio storico-artistico cittadino con un percorso attraverso la pittura del Seicento fra le testimonianze ancora vive nella Città e le opere custodite nel Museo. L'itinerario, a cura di Michela Cesarini, storica dell’arte, privilegia una delle espressioni artistiche più significative del secolo.
Nel Museo della Città
Il ricco patrimonio pittorico del Museo della Città testimonia come i linguaggi artistici elaborati nelle capitali culturali si specchino in quello degli artisti locali. Pale d’altare e quadri da stanza denotano legami con Roma e Bologna, città dello stato pontificio, e l’influsso di Venezia. Dai territori della Serenissima giunsero i quadri di Giovan Battista Langetti e Francesco Maffei, mentre da Bologna opere improntate al linguaggio classicista dei Caracci quali quelle del Guercino. Sue la mirabile Visione di San Girolamo (1641), già nell’omonimo oratorio (distrutto) e il Sant’Antonio di Padova (1659), dalla chiesa dei Paolotti. L’arrivo di tele dalla città felsinea contraddistinse buona parte del secolo, come testimoniano importanti pale d’altare nella chiesa dei Servi e nella chiesa di Sant’Agostino.
Nel Museo si ammirano inoltre numerosi quadri dei due artisti di spicco della pittura riminese del Seicento: Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna 1601 – Vienna 1663) e Giovan Francesco Nagli detto il Centino (doc. a Rimini dal 1629 al 1675). La sensuale pittura del Cagnacci, insieme a quella più misurata del Centino, portò il critico Francesco Arcangeli, in occasione della mostra sulla pittura del Seicento (1952), a definire Rimini “una Piccola Siviglia […] città caravaggesca, nelle terre d’Emilia-Romagna”. L’ascendente delle opere del Caravaggio è infatti alla base della sapiente orchestrazione dei suoi dipinti: le figure, di un realismo sconvolgente, emergono dal fondo scuro grazie ad un uso magistrale della luce.
Nella città
La visita alle sale del museo si completa con un itinerario che inizia dall’adiacente chiesa di San Francesco Saverio (del Suffragio) edificata tra il 1718 e il 1740 dai Gesuiti. Vi erano esposti il dipinto di Vincenzo Spisanelli (ca 1650), in cui Francesco Saverio predica nelle Indie brandendo il crocifisso, e quello di Guido Cagnacci Tre martiri gesuiti del Giappone (1635).
Al di là del ponte di Tiberio si visita la chiesa di San Giuliano, nel borgo omonimo.
Di origini altomedievali, si presenta ora nelle forme assunte nel XVI secolo quando era sede dei Canonici veneziani di San Giorgio in Alga. L’origine dell’ordine religioso chiarisce la commissione a Paolo Veronese, nel 1588, del Martirio di San Giuliano, il santo patrono della città e titolare della chiesa ove è custodito il suo corpo. Qui si ammirano opere seicentesche di provenienza veneta e padana: i due pendant al quadro del Veronese, con i santi Giorgio e Lorenzo Giustiniani (ca 1625) del veneto Pasquale Ottino, l’Annunciazione della Vergine (ca 1625), attribuita a Giovanni Andrea Sirani (padre della più celebre Elisabetta e Gesù consegna le chiavi a San Pietro - 1649), dipinta dal lucchese Pietro Ricchi.
Attraversata la città, superato l’Arco d’Augusto, si giunge alla chiesa di San Giovanni Battista. Retta dai Carmelitani dal 1573 e riedificata nel Settecento, la chiesa ha rivestito un ruolo importante nella vita di Guido Cagnacci che vi si rifugiò nella notte del 21 ottobre 1628 scampando all’arresto per l’intenzione di sposare la nobile Teodora Stivivi. La Vergine con il Bambino e i santi Andrea Corsini, Maria Maddalena de’ Pazzi e Teresa d'Avila (ca 1630) è una pala scenografica, ancora nell’originaria cornice. La Trinità e santi protettori di Rimini (1611) di padre Cosimo Piazza, già nella chiesa dei Cappuccini (distrutta), giganteggia con i suoi cinque metri di altezza. Le posture ‘in contrapposto’ e il luccicare di vesti e ornamenti conferiscono un tono cortese ai patroni municipali: il vescovo Gaudenzo e san Giuliano sorreggono una veritiera rappresentazione della città su cui le sante Colomba ed Innocenza invocano la protezione del cielo.
Lungo il tragitto alla scoperta della pittura seicentesca, ci si sofferma sui segni a noi giunti in eredità dalla Rimini dell’epoca a iniziare dalla piazza del Comune (piazza Cavour) che ha al suo centro la statua di Papa Paolo V Borghese a ricordo del potere dominante. Se il Seicento fu un secolo travagliato sul piano politico e sociale, la città tuttavia visse una fulgida stagione culturale e artistica. Ne sono segno tangibile la stessa statua bronzea di Papa Paolo V (N. Cordier – S. Sebastiani, 1610-1614), il Tempietto di Sant’Antonio in piazza Tre Martiri, memoria cinquecentesca del miracolo dell’eucarestia riedificata dopo il terremoto del 1672, e Palazzo Gambalunga, già cenacolo di eruditi e dalle origini sede della biblioteca, la terza biblioteca civica d’Italia.