ciao

Prenotazione soggiorno

Età bambino 1

Età bambino 2

Età bambino 3

Età bambino 1

Età bambino 2

Età bambino 3

Età bambino 1

Età bambino 2

Età bambino 3

Età bambino 1

Età bambino 2

Età bambino 3

Stai entrando in visitrimini.com

 
Prenota il tuo soggiorno
 
Home / Press / Comunicati stampa / Archivio comunicati stampa / l cappello con la penna, gli alpini fra curiosità e mostre

l cappello con la penna, gli alpini fra curiosità e mostre

Data comunicato: 
7 Maggio 2022

Sin dalla loro nascita gli Alpini si distinguono per il loro inconfondibile copricapo: il cappello con la penna. Una delle domande che più in questi giorni a Rimini gli alpini da tutta Italia si sono sentiti rivolgere dai loro ospiti riguarda proprio la storia della cappello alpino.

“In origine era una bombetta alla calabrese di feltro nero – racconta il tenente colonnello Mario Renna - che sul lato sinistro portava una coccarda di lana su cui era innestata una penna di corvo, un po’ inclinata all’indietro. La penna diventa subito la bandiera degli Alpini, come recita una famosa canzone. Con lo sviluppo del Corpo e la creazione di battaglioni e reggimenti, gli ufficiali superiori vengono tratti da altre unità dell’Esercito: anche loro porteranno il cappello, ma ornato con una penna bianca, d’oca. La tradizione è rimasta fino ai giorni nostri, per cui dal grado di maggiore in su la penna cambia colore. All’inizio il fregio centrale del cappello è una stella a cinque punte di alpacca, ma nel 1880 diventa “alpino” con motivi che richiamano la montagna: un’aquila coronata con uno scudo decorato da una croce, e gli artigli che stringono una cornetta sovrapposta a due fucili, un’ascia e una piccozza sovrapposti. Il cappello nero è bello ma scomodo. Troppo rigido, impedisce i movimenti a terra. Passano alcuni decenni e cambierà foggia, assumendo più o meno la foggia attuale e il colore grigio-verde. Più leggero e morbido, ha la falda posteriore rialzata per facilitare la posizione di tiro.  Il nuovo copricapo è di feltro di pelo di coniglio e le penne possono essere di corvo, di pavone e di tacchino. C’è poi un accessorio colorato che funge da distintivo: la nappina, un ovale di lana di colore bianco, rosso, verde, turchino per distinguere i battaglioni da cui è formato il reggimento. Anche il fregio evolverà verso la forma attuale, ovvero un’aquila ad ali spiegate che sormonta una cornetta e due fucili incrociati. Il cappello alpino entrerà nella tradizione della Guardia di Finanza e pure la Legione cecoslovacca che combatte al fianco dell’Italia nella Grande Guerra lo indosserà, con un falco al posto dell’aquila”.

Curiosità e soprattutto tante storie, si possono scoprire nella sede del Museo della città (in via Luigi Tonini, 1 a Rimini) attraverso le mostre scelte per il loro valore storico e didattico. Il museo è aperto da martedì a venerdì 10-13 e 16-19 / sabato, domenica e festivi 10-19.

SU PEI MONTI
Curatore Pier Luigi Foschi
“Su pei monti”, tratto da una popolare e notissima canzone degli alpini, è il titolo di una mostra che vuol essere un doveroso tributo alle penne nere, una carrellata storica che rievoca glorie passate e presenti del Corpo militare così caro agli italiani. Il percorso espositivo si snoda nelle diverse sale con un criterio prevalentemente cronologico: dopo un obbligato riferimento alla storia del cappello e della penna, vengono raccontate le vicende che hanno visto protagonisti gli alpini. Si racconta la Campagna d’Africa, la Grande Guerra, la Seconda guerra mondiale e la Campagna di Russia, fino agli odierni impegni legati alla Protezione Civile in soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali. La narrazione avviene mediante l’esposizione di reperti originali, divise, armi, oggetti di uso quotidiano nella vita di trincea, immagini dei cani e dei muli, preziosi compagni degli alpini. Una sezione è dedicata agli eroi del territorio, tributo alla Romagna e a San Marino che ospitano l’Adunata. Le immagini tratte dalle copertine della Domenica del Corriere descrivono i fatti più salienti che videro protagonisti degli alpini, mentre numerosi pannelli sono dedicati alla storia della Sezione Bolognese Romagnola. La mostra vuole raccontare, soprattutto alle nuove generazioni, come il nostro benessere sia frutto dei grandi sacrifici dei nostri predecessori e che i risultati si ottengano solo attraverso l’impegno.

CANNONE 65/17 MOD. 1908/1913
Questo modello di cannone da montagna era molto apprezzato durante la Grande Guerra per la semplicità di funzionamento e per la possibilità di essere portato piuttosto agevolmente in batteria e trasportato a quota elevata. La possibilità di effettuare tiri tesi fece sì che venisse anche utilizzato come arma anticarro all’interno delle opere fortificate del Vallo Alpino e nella Seconda guerra mondiale in Nord Africa. La versione per artiglieria leggera è someggiabile in cinque parti: cannone, testata, slitta e freno, coda e ruote, scudi.

OGNI COSA È ILLUMINATA DALLA LUCE DEL PASSATO
Russia 1943-2018 il viaggio – immagini e riflessioni di Stefano Lupi
Settantacinque anni dopo, 11 compagni e 200 km a piedi nel gelo. Sono state ripercorse le tappe più significative della ritirata di Russia: otto giorni immersi in un ambiente impervio, provando ad immaginare quello che 230mila ragazzi hanno vissuto, soli e lontani da casa. Quella marcia è diventata un percorso espositivo suggestivo raccontato attraverso immagini ed emozioni. Per raccontare, per condividere, per ricordare i nostri alpini in Russia.

CENT’ANNI IN SILENZIO
Reperti della Grande Guerra 1915-1918
Associazione Gruppo Ricerca in collaborazione con Gruppo di Vesio di Tremosine

LA STORIA DEI SOLDATI DI MONTAGNA
NEL MONDO – A cura dell’Ifms

DALLA GUERRA ALLA PACE
Il Gruppo di Brisighella e Conselice (Sezione Bolognese Romagnola) organizzano una mostra espositiva di oggetti originali e riutilizzati della Prima guerra mondiale, simile a quella che fu esposta nel 2013 nel museo Francesco Baracca di Lugo di Romagna, curatori Bruno Zama, Angelo Nataloni, Enrico Venturi. Una rassegna piena di curiosità, con rari oggetti bellici, spesso trasformati e riusati al fronte e una volta tornati a baita. Alle pareti immagini della “guerra di carta”: giornali e riviste del periodo 1914-1918 di Roberto Zalambani.