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Home / Notizie / Cavalleria Rusticana in piazza: l'opera lirica torna a Rimini

08-08-2002

Cavalleria Rusticana in piazza: l'opera lirica torna a Rimini

Il 12 agosto in piazza Cavour sarà protagonista il delitto passionale musicato da Mascagni

Le drammatiche, intrecciate vicende di Alfio, Lola, Santuzza e compare Turiddu arrivano la sera del 12 agosto nel cuore di Rimini. Dopo 40 anni di assenza, l’opera lirica torna in grande stile nel centro storico (in piazza Cavour alle 21,30) con l’atto unico della Cavalleria Rusticana musicata da Pietro Mascagni ed ispirata all’omonima novella di Giovanni Verga, del 1884.

La rappresentazione è a cura dell’Associazione Coro Lirico Città di Rimini che ha affidato scenografia e regìa dell’opera alla coppia Mirco Rocchi e Stefania Stefanin fondatori nella nostra città di Artemista Teatro. Si tratta di una produzione "in loco" anche per quanto concerne la parte musicale: dagli ottanta elementi del Coro Città di Rimini ‘Amintore Galli’, all’orchestra Bruno Maderna di Forlì, diretta dal maestro Roberto Parmeggiani ai cinque artisti lirici, tutti provenienti dal territorio riminese. Particolare l’allestimento dell’opera, in Piazza Cavour, dove gli stessi elementi architettonici dell’area divengono, per loro natura, parte integrante della scenografia: il palcoscenico farà da raccordo tra la facciata del teatro Galli e quella del Palazzo del Podestà, quest’ultima trasformata, mediante una struttura di pannelli, nella facciata di una chiesa.

Regia di Stefania Stefanin.

Scene e costumi di Mirco Rocchi.

Cast: Simona Baldolini soprano, Maurizio Saltarin tenore, Giovanni Mazzei baritono, Letizia Maria Sciuto mezzosoprano, Patricia Borromei contralto.

La manifestazione è sostenuta dal Comune di Rimini, Provincia di Rimini e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.

<"Gli aranci olezzano sui verdi margini..." ma l’allestimento riminese di Cavalleria Rusticana metterà da parte aranci, mirti, fichi d'india e costumi regionali per puntare su una Sicilia idealizzata, fuori da una specifica connotazione storica, terra di miti antichi, luogo adatto alla conservazione di cerimonie rituali che sovrappongono simbologie religiose e pagane.

Cavalleria è un dramma scarno e conciso, dove schiettezza e solennità non hanno gradazione ma nascono già potenziati al massimo e tendono a spiegarsi a piena gola.

Emerge come protagonista della storia Santuzza, la ragazza che Turiddu, tornato al paese dopo una lunga ferma militare ha sedotto, quasi per fare un dispetto a Lola che si ingelosisce anche se è ormai moglie di Alfio.

Turiddu preso un'altra volta dalla vecchia passione per Lola cerca di abbandonare Santuzza che però a questo punto si vendica denunciando la tresca ad Alfio e facendo precipitare la tragedia.

L'azione è inesorabilmente tragica e insieme al culto cristiano della Pasqua si celebra un culto più remoto dell'amore e della morte.

Lo slancio fiammeggiante dell'orchestra in certi casi sembra riversarsi sul pubblico come l'onda di un mare in tempesta.

Ascoltandola non posso evitare di immaginarmi la raffigurazione di un antico Mito, perché ha la terribile ferocia di una tragedia greca: è il dramma della carne furente, bramosa, tradita, gelosa e crudele. Il grido taglia l'opera come una riga di sangue......

Anche il Coro in Cavalleria ricorda quello della tragedia, a cominciare dal brano d'apertura, che non produce soltanto un effetto d'ambiente, ma acquista un carattere di estrema solennità: serve ad introdurre un diaframma d'attesa dilatando i tempi serrati e sospinti verso la catastrofe.

Si ha la suggestione di uno spettacolo rituale, di una successione al rallentatore in contrasto con l'essenzialità degli accadimenti.

L'annullamento finale assume quasi un senso liberatorio dopo l'accumularsi di tante tensioni, e, come nella tragedia greca, la morte avviene fuori scena

L'opera di Pietro Mascagni si svolge tutta all'aria aperta.

E di aria avevano bisogno le sale dei teatri di musica in Italia, intorno al 1890

Il melodramma pareva dovesse svanire nella riproduzione e nella ripetizione di quello che era stato. Fu come una porta che si spalanca all'improvviso in una stanza chiusa: musicata da un autore livornese sconosciuto di 26 anni, arriva improvvisa e inattesa a sconvolgere le acque del teatro d'opera che erano diventate acque stagnanti. Esce a caso vincitrice di un concorso, e il pubblico trova la sua musica. E' toccato nel vivo e da' in delirio. Il canto esplode per una spinta d'immediatezza che viene dalla verità della vita. Non ci sono atteggiamenti studiati, non occorrono esplicazioni e introduzioni. Tutta a pezzi staccati, come l'autore ce l'aveva nel sangue, nelle divisioni aderenti alle persone e ai fatti, ma unitaria, compatta, sostenuta da una corrente di canto senza tregua. E' una piena. La vita irrompe dal fatto di cronaca e si fa teatro, ma un teatro che canta e suona e porta il tempo col battito del cuore. Il palcoscenico è diventato una piazza nella quale i cantanti sembrano persone vere. A nessuno viene in mente di domandare - come tante volte si era fatto in passato-perchè nel teatro di musica, gli uomini facciano i loro affari cantando! L'opera si è accostata alla vita. Ha lasciato i vecchi castelli, è scesa in piazza e si è messa a cantare come ogni giorno si sente, per le strade, nell'aria, e la musica è diventata tutta una canzone.> (testo di Stefania Stefanin)