Castel Sismondo o Rocca Malatestiana
La residenza-fortezza di Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini dal 1432 al 1468, coniugava l'intento celebrativo con l’esigenza difensiva. La demolizione degli edifici fra il Castello e la piazza comunale, ordinata da Sigismondo, ne accentuò la posizione dominante e la mole malatestiana primeggiò sulle sedi del potere civile e religioso. La fortezza si imponeva per la possenza di torri e mura scarpate, per l'ampio fossato, per la grandiosità del mastio che, intonacato di bianco, si stagliava contro il rosso della torre d'ingresso. L’apparato difensivo, approntato con la consulenza di Filippo Brunelleschi, era dotato di bocche da fuoco. Il castello, come evidenziato dai restauri, inglobò elementi precedenti come mura romane munite di torri, la medievale porta del Gattolo, il nucleo delle case e dei palazzi malatestiani. Sigismondo tuttavia nell'iscrizione sul portale d'ingresso rivendica a sé la costruzione ex fundamentis. I lavori, iniziati nel 1437 si protrassero per circa 15 anni, anche se la residenza risulta abitata già dal 1446. Oggi non resta che il nucleo centrale della costruzione originaria, che vediamo rappresentata nelle medaglie di Sigismondo e nell'affresco di Piero della Francesca nel Tempio malatestiano. Il portale d'ingresso è tuttora sormontato da un'iscrizione e dallo stemma con l'elefante, la rosa e la scacchiera, simboli dei Malatesta. Divenuto in seguito fortezza pontificia, dal XVII secolo subì profonde modifiche: l’abbattimento della cinta muraria, il riempimento del fossato e lo spoglio degli arredi. Carcere dal XIX secolo fino al 1967, dagli anni ’70 è interessato da un complesso lavoro di restauro sostenuto, nell'ultima fase, dalla Fondazione CARIM. Oggi il Castello è un importante contenitore di eventi culturali.
Il Tempio Malatestiano
L’attuale chiesa cattedrale di Rimini viene comunemente chiamata ‘Tempio Malatestiano’ a ricordare Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini dal 1432 al 1468, che intorno alla metà del ‘400 trasformò profondamente l’edificio preesistente nelle solenni forme rinascimentali che ancor oggi lo caratterizzano e che ne fanno un capolavoro del Rinascimento. Il tempio sorge dove c'era prima la Chiesa di S. Maria in Trivio e, dal XIII secolo, la Chiesa di S. Francesco. Quest'ultima era decorata da pitture oggi perdute ad eccezione del Crocifisso di Giotto - che si può ammirare nell’abside della chiesa- unica opera dell’artista a Rimini, risalente alle soglie del ‘300. Tutto la copertura lapidea esterna, realizzata fra il 1450 e il 1460, è opera dell’architetto Leon Battista Alberti e doveva servire per dare solennità moderna alla semplice chiesa francescana nel cui cimitero erano sepolti alcuni dei più famosi Malatesta. Nel Tempio Sigismondo realizzò un sogno di magnificenza, riunendovi, come in una grande arca, le memorie della Famiglia; per vicissitudini storiche, l'opera però rimase incompiuta alla sua morte. I lavori, avviati nel 1447, prevedevano l'apertura di due cappelle a sepolcro di Sigismondo e di Isotta degli Atti, sua terza moglie. Sigismondo decise poi di agire su tutta l’antica chiesa affidando il progetto a Leon Battista Alberti, cui si deve il recupero della tradizione romana, evidente nella facciata e nelle fiancate che riecheggiano l’arco d’Augusto e il ponte di Tiberio. Entrando si nota come all'eleganza classica dell'esterno, fa riscontro la ricchezza della decorazione interna, vicina ai modelli di corte. Matteo de' Pasti e Agostino di Duccio operarono con una sensibilità quasi pittorica al rivestimento marmoreo delle sei cappelle laterali. I soggetti trattati si prestano a più letture, dall'esaltazione dell'amore di Sigismondo ed Isotta alle teorie filosofiche; emerge comunque fortemente la personalità del committente, visibile in tutta la decorazione interna e celebrata da Piero della Francesca nell'affresco con il principe inginocchiato davanti a San Sigismondo che si trova nell'ultima cappella di destra. Personalità che domina anche nel ritratto di Rimini della Cappella dei Pianeti (la terza cappella di destra), sovrastato dal Cancro, segno zodiacale di Sigismondo. La costruzione appare palesemente incompiuta e l’interruzione dei lavori, intorno al 1460, fu determinata dai contrasti fra il pontefice Pio II e Sigismondo che fu prima scomunicato e successivamente sconfitto e privato di gran parte dello stato nel 1463. A Pio II si deve anche la fama di Tempio pagano di questo edificio la cui edificazione viene annoverata assieme ai molti misfatti – veri e presunti – di Sigismondo. Il restauro, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e completato in occasione del Giubileo, ha restituito al Tempio, recentemente consacrato Basilica, l'antico splendore dei marmi e la vivacità dei colori delle cappelle interne.
La Fontana della Pigna
Fulcro della medievale piazza Cavour è la fontana, che figura nel ritratto della città nel Tempio malatestiano. Al suo passaggio a Rimini, nel 1502, Leonardo da Vinci, si incantò all'armonia delle diverse cadute d'acqua.
Giovanni Carrari da Bergamo la ristruttura, dopo i danni causati nel 1540 dai fuochi artificiali collocati nella vasca per festeggiare un alto prelato, e la consegna nelle forme attuali, rispettose dell'impianto antico. A coronamento era posta la statua di San Paolo, sostituita nell'Ottocento dalla Pigna che dà il nome al monumento.
Palazzo Lettimi – Uno dei più prestigiosi palazzi del Rinascimento riminese, rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella città dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Costruito agli inizi del Cinquecento da Carlo Maschi, uomo di governo insignito di varie cariche pubbliche, il palazzo, di quattro piani, passò in eredità alla famiglia Marcheselli. Fu Carlo che commissionò la decorazione del salone del piano nobile, affidata nel 1570 al faentino Marco Marchetti, noto per aver lavorato a Palazzo Vecchio di Firenze. Tema delle pitture erano le gesta di Scipione l’Africano ai tempi della seconda guerra punica: alcune delle tavole a soffitto, salvate dai disastri della guerra, sono ora al Museo della Città. L’edificio, che aveva ospitato i regnanti inglesi e Cristina di Svezia, entrò in possesso, nel 1770, della famiglia Lettimi. Andrea, il nuovo proprietario, restaurò la costruzione e la innalzò di un piano, collegandola all’attigua residenza. Dal 1902 diventò, per lascito testamentario, di proprietà comunale, con il vincolo che il Liceo musicale fosse intitolato a Giovanni Lettimi. Del palazzo cinquecentesco si conserva il portale che, nelle formelle a bugna, unisce i simboli araldici della rosa quadripetala malatestiana ed il diamante dei Bentivoglio, in ricordo forse di un’unione matrimoniale fra le due famiglie vicine a Carlo Maschi. Cinquecenteschi anche il caratteristico muro a scarpa, raccordato alla parete da un cordolo in pietra, e le finestre, corniciate in pietra, sormontate dallo stemma della famiglia Maschi e da una coppia di delfini