Dell’imponente edificio per spettacoli eretto nel I sec. d.C., non rimangono che pochi ruderi oggi inglobati in più recenti costruzioni che ricalcano l’originario andamento curvilineo delle gradinate (cavea).
Prossimo al foro, fu probabilmente eretto per volontà di Augusto nell’ambito degli interventi di sviluppo urbanistico promossi dall’imperatore.
Di forma semicircolare, aveva un diametro esterno di ca. 80 metri, mentre all’interno la lunghezza della scena misurava ca. 23 metri. La cavea, completamente autoportante, era sorretta da murature radiali e concentriche, costruite in malta con laterizi a vista. Corridoi di accesso coperti da volte a botte, consentivano lo smistamento verso le scale che conducevano alle gradinate.
Dei raffinati e grandiosi apparati scenici, non restano che un fusto di colonna alto più di 4 metri e alcune decorazioni architettoniche marmoree.
Occultato per secoli, ma mai completamente cancellato dalla memoria come attestano alcune fonti medievali, il teatro fu “riscoperto” agli inizi degli anni ’60 grazie all’intuito dello studioso riminese Mario Zuffa, allora direttore della Biblioteca e del Museo. A lui si deve anche il rinvenimento, nei pressi della chiesa di S. Michele in foro, di una epigrafe frammentaria il cui testo viene riferito ad un intervento di decorazione architettonica del teatro, attuato nella prima età imperiale.